Google ha licenziato 28 dipendenti che hanno protestato contro il controverso contratto cloud “Project Nimbus” con il governo israeliano. I lavoratori accusano l’azienda di ritorsione, mentre Google sottolinea la violazione delle politiche aziendali.

Google ha licenziato 28 dipendenti implicati in proteste relative al “Project Nimbus”, un contratto cloud stipulato con il governo israeliano. Questa azione segue la sospensione di nove dipendenti il 16 aprile e un precedente licenziamento legato allo stesso progetto il mese scorso. Secondo una nota interna riportata da The Verge, l’escalation delle tensioni ha culminato nell’occupazione dell’ufficio del CEO di Google Cloud, Thomas Kurian, da parte di alcuni lavoratori, che sono stati successivamente allontanati con la forza.

Il responsabile della sicurezza globale di Google, Chris Rackow, ha chiarito la posizione dell’azienda in una lettera ai dipendenti, sottolineando che Google “non tollererà” episodi di questo tipo e minacciando ulteriori provvedimenti. “Se siete tra i pochi tentati di pensare che trascureremo comportamenti che violano le nostre politiche, ripensateci”, ha affermato Rackow, enfatizzando che l’azienda continuerà ad applicare le proprie politiche per prendere provvedimenti contro i comportamenti dissuasivi, fino al licenziamento.

I lavoratori del gruppo “No Tech for Apartheid”, che ha organizzato le proteste, hanno risposto accusando Google di compiere un “flagrante atto di ritorsione”. Hanno inoltre criticato l’affermazione secondo cui le proteste coinvolgerebbero in gran parte persone che non lavorano per l’azienda, descrivendo tale dichiarazione come “offensiva”. Il gruppo ha sostenuto che la spinta a terminare il Project Nimbus è appoggiata da “migliaia” di colleghi.

In un post su Medium, i rappresentanti del gruppo hanno espresso frustrazione per la mancanza di dialogo con i dirigenti aziendali nonostante tre anni di proteste organizzate. “Nei tre anni in cui ci siamo organizzati contro il Progetto Nimbus, non abbiamo ancora sentito un solo dirigente in merito alle nostre preoccupazioni”, hanno scritto. Hanno ribadito il diritto dei lavoratori di Google di protestare pacificamente riguardo ai termini e alle condizioni del proprio lavoro, definendo i licenziamenti “chiaramente una ritorsione”.

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Carolina Napolano
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