Il governo cinese ha emanato settimana scora un lungo elenco di nuove linee guida per i livestreamer e i cosiddetti influencer di Internet, secondo quanto riportato dal South China Morning Post e dalle regole pubblicate online. Le nuove regole vietano agli influencer di parlare di argomenti come la legge, la medicina e la finanza, a meno che queste personalità di internet non abbiano qualche tipo di qualifica. Quali sono le “qualifiche” ritenute accettabili? Questa parte non è specificata, come sottolinea il Post.

Le nuove regole draconiane, 31 in totale, includono la necessità di avere il “giusto tono nell’orientamento politico” e di “incarnare attivamente i valori socialisti fondamentali”, secondo l’agenzia di stampa statale cinese Xinhua. Se da un lato agli streamer è vietato criticare il comunismo di stampo cinese, dall’altro gli streamer non possono criticare le riforme orientate al libero mercato che hanno fatto sì che l’economia cinese si allontanasse dall’ortodossia comunista negli ultimi decenni.

L’uso di deepfakes o di mostrare uno “stile di vita stravagante” vi metterà nei guai con la polizia cinese che, secondo quanto riferito, è composta da 50.000 persone e che sta monitorando la rete alla ricerca di qualcosa di sconveniente. In che modo le nuove regole definiscono uno stile di vita stravagante? Prodotti di lusso e quantità eccessive di denaro sembrano rientrare nella definizione. Ai livestreamer è inoltre vietato “sminuire i gruppi a basso reddito per mostrare la propria ricchezza”.

Le nuove linee guida vietano anche “l’eccessivo spreco di cibo”, un aspetto che il governo cinese ha cercato di contrastare negli ultimi anni. Con 1,4 miliardi di persone e una cultura alimentare generosa e accogliente in Cina, lo spreco di cibo può diventare un vero problema.

Secondo quanto riportato da Xinhua, due enti governativi hanno emanato congiuntamente le nuove regole, tra cui l’Amministrazione nazionale della radio e della televisione cinese e il Ministero del turismo e della cultura. Le regole si applicano non solo agli “artisti che forniscono servizi webcast, video e audio via Internet”, ma anche a qualsiasi versione dell’intelligenza artificiale che fornisce notizie, secondo il rapporto.

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