Entro il 2030, l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) segnala l’emergere di possibili minacce correlate all’aumento della temperatura globale di 1,5ºC.

Lunedì scorso 20 marzo, il gruppo governativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC) dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) ha pubblicato le conclusioni del sesto rapporto sul clima mondiale, con l’allarme per l’aumento della temperatura e i problemi derivanti da questo riscaldamento.

Come accennato in precedenza, si prevede un aumento della temperatura globale di 1,5ºC rispetto all’era preindustriale entro i primi anni del 2030. Ciò porterà all’estinzione di specie marine e terrestri, ai problemi delle colture agricole e, peggio ancora, alla possibilità di raggiungere un punto di non ritorno.

Gli avvertimenti del rapporto sono stati esaminati da scienziati di oltre 195 Paesi. Il documento sottolinea inoltre che, nonostante le tecnologie a basse emissioni di carbonio e gli impegni internazionali, gli sforzi stabiliti nell’Accordo di Parigi del 2015 non sembrano essere stati sufficienti. Finora si stima che la temperatura del pianeta sia già aumentata di 1,1°C rispetto ai livelli preindustriali.

Le estati calde nell’Artico dimostrano, per gli scienziati, che il globo si sta avvicinando a un punto di svolta, che porterebbe anche alla morte dei coralli e allo scioglimento delle piattaforme di ghiaccio polari che innalzano il livello degli oceani.

Per contrastare il cambiamento climatico, si suggerisce di accelerare il raggiungimento dell’obiettivo di eliminare completamente le emissioni di anidride carbonica entro il 2040, anziché il 2050 come inizialmente previsto. Altri interventi che possono essere messi in campo riguardano la promozione di politiche statali che mirino ad assorbire il carbonio attraverso la fotosintesi, nonché il finanziamento di investimenti per un valore di 400 miliardi di dollari, necessari ad arginare la dismissione di gas inquinanti. Fondamentale sarà inoltre il ruolo che potranno svolgere le aziende, spingendole a privilegiare l’uso di energie rinnovabili, responsabili e pulite. Sarà, in questo contesto, indispensabile trovare modalità di compensazione per quelle imprese che non hanno la possibilità materiale di effettuare tali cambiamenti, come ad esempio le compagnie aeree.

È importante evidenziare che le regioni tropicali sono particolarmente esposte a tali minacce. Si stima che entro il 2100, la metà della popolazione globale potrebbe essere ancora soggetta a temperature estreme che potenzialmente mettono a rischio la vita.

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