È da un pò che questo drone DJI è sul mercato e su di lui è stato detto praticamente tutto. Tutti sono d’accordo sul fatto che questa macchina si piloti bene, la stabilizzazione e la fotografia sono fantastiche e che è sicuro ed adatto anche per i piloti meno esperti.  Quello che non si è detto, per lo meno con una certa chiarezza, è che questo drone stenta a trovare la sua collocazione in un mercato sempre più esigente in cui l’utente mira fondamentalmente a funzioni specializzate. 

La guida in prima persona è un’attività che da anni annovera al suo interno gruppi molto importanti di appassionati fortemente specializzati. Gare ad altissima velocità, circuiti mozzafiato e riprese evidentemente associate allo stile di guida identificano la maniera di rapportarsi col mezzo. Viene da se che il pilota FVP è un tipo molto particolare, uno a cui piace “aggeggiare” per costruire la macchina che pilota, esasperando il tecnicismo e la ricerca della perfezione funzionale.

Il volo come espressione dell’esasperazione del tecnicismo che rende irrazionale o razionale, qualsiasi scelta. Il drone DJI FPV, come facilmente immaginabile, trova difficoltà nel soddisfare questo tipo di utente, perché esso rappresenta la macchina fatta e definita,  che non permette personalizzazione particolari. Questa rigidezza, che difficilmente si può adattare alle esigenze del pilota FPV più verace, può invece trovare soddisfazione con quegli utenti che si avvicinano per la prima volta a questo mondo straordinario, che trovano il “difetto” della macchina pronta al volo, un pregio che gli permette di evitare perdite di tempo e la giungla della scelta componentistica. In pratica il gioiellino di Shenzhen difficilmente troverà soddisfazioni da parte di quei piloti smanettoni per cui la necessità di modificare una macchina rendendola unica è il motivo trainante della propria passione.

A complicare ulteriormente le cose ci ha pensato EASA che con i nuovi regolamenti non ha certamente agevolato l’appassionato che si vede costretto a farsi affiancare da un osservatore e a dotarsi di patentino per le sottocategorie open A1-A3.

A parte questo, bisogna dire che DJI con questo drone ha fatto le cose per bene, ha curato tutti i dettagli (a partire dal packaging che sin dall’apertura della scatola fa percepire la volontà di ricercare un allineamento con altri marchi più blasonati), ha esasperato il disegno e la percezione dell’aerodinamica, ha introdotto sensori, effetti scenografici ed irrigidito la struttura.

Nella scatola il drone è affiancato dai DJI Goggles V2, letteralmente spettacolari, che assicurano un campo visivo mozzafiato ed un utilizzo molto pratico ed abbastanza semplice. A tal proposito ho trovato interessante il posizionamento dell’alimentazione esterna agli occhiali, soluzione questa che permette un alleggerimento non indifferente e garantisce un’esperienza visiva più naturale. 

La messa in funzione è intuitiva e veloce. Tre sono le modalità di volo: normal, sport e manuale.

In modalità Normal e in Sport il volo è esattamente uguale, come detto, a quello di un Mavic. In manuale invece (nei droni “classici” FPV prende il nome di Acro o Airmode) occhio, è la modalità che da più soddisfazione permettendo di volare in totale libertà e con il massimo controllo del mezzo ma allo stesso tempo è la modalità che fa correre più rischi e dove è richiesta una certa esperienza da parte del pilota.

La stabilizzazione del volo è assicurata dal GPS e dai sensori di bordo, affiancati in modalità Normal anche dalla funzione “evita ostacoli” frontale ed inferiore.

In conclusione FPV è un drone molto divertente che è in grado di offrire molto all’utente meno esperto e poco a quello esperto.   Un progetto molto interessante ma non troppo.

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Nazzareno Guarducci
Architetto e Fotografo dell’Architettura. Dal 2015 è appassionato di droni e li utilizza in ambito professionale per la fotografia e l’aereofotogrammetria. Anche se particolarmente attratto dal mondo Autel, non disdegna assolutamente altre aziende come DJI, Parrot o Skydio.