Il Web del futuro si chiamerà Web 3.0 e sarà basato su tecnologie esotiche come la blockchain e la decentralizzazione. La sua architettura sarà profondamente diversa e permetterà di fare acquisti in Bitcoin oppure scambiare gli NFT, i token non fungibili che offrono opportunità non solo nel mondo della finanza e dell’arte. E renderà più facile trovare quello che cerchiamo.

La storia del Web

È facile perdere il conto tra Web uno, due e tre, con il primo che in realtà non aveva numero, il secondo che si chiamava 2.0 e il terzo che invece in Rete è stato battezzato Web 3.0. Ecco cosa sta succedendo. La tecnologia inventata da Tim Berners-Lee nel 1989, il “World Wide Web”, è un sistema di ipertesti basato su Internet. Il primo Web era questo: ogni pagina conteneva dei testi, delle immagini e dei link a delle altre pagine. Con questa semplice idea, sviluppata dall’informatico inglese al CERN di Ginevra, Berners-Lee ha vinto il premio Turing, il Nobel dell’informatica. Nel 2000 Internet e il Web erano diventati molto popolari e le pagine 1.0 di tipo statico non bastavano più. Le persone volevano pagine dinamiche per fare acquisti online e accedere a servizi (la posta, per esempio, o i social come Facebook e YouTube). È stato definito così un insieme di tecnologie per rendere interattive le pagine Web, trasformandole in vere e proprie app all’interno del browser. All’inizio il colosso del software Adobe credeva che sarebbe stata la sua tecnologia proprietaria Flash a rendere le pagine Web interattive. Non è andata così. Già nel 2005 ha vinto un insieme di tecnologie aperte (JavaScript e altre) e oggi Flash non c’è più. Il Web 2.0 ha aperto la strada ai servizi, alla possibilità per gli utenti di creare e caricare i propri contenuti direttamente dal browser e ha reso di fatto il Web ubiquo. E adesso?

Cos’è il Web 3.0?

La maggiore innovazione tecnologica degli ultimi anni è stata la blockchain, la tecnologia che permette, per esempio, di creare criptovalute decentralizzate come i Bitcoin e gli Ethereum. Trasportare questa tecnologia nel mondo del Web vuol dire cambiare l’architettura di funzionamento della Rete per decentralizzarla. Secondo alcuni farlo è molto importante. Infatti, secondo molti attivisti di Internet bisogna superare l’attuale centralizzazione dei contenuti del Web 2.0. Il Web interattivo e orientato ai servizi di oggi è praticamente tutto in mano a poche aziende di enormi proporzioni, dette Big del Tech: Amazon, Facebook, Google, Microsoft, Apple. La blockchain rende possibile decentralizzare il Web e riportarlo più vicino alle startup e alle piccole aziende con idee innovative, e soprattutto agli utenti finali.

È troppo complicato?

Le tecnologie, per avere successo, devono diventare trasparenti. Il Web 3.0 ancora non c’è. Se in futuro emergerà, lo dovrà in parte al fatto che sarà almeno altrettanto facile da usare rispetto al Web 2.0. Inoltre, il Web 3.0 dovrà far recuperare la privacy, cioè il valore economico delle informazioni di ciascun utente, aumentare la sicurezza e la scalabilità dell’infrastruttura e aiutarci nelle ricerche grazie alla “semantica” incorporata nelle pagine, che rende inutili i motori di ricerca. Il valore finale? Enorme, tanto che ci sono già sul piatto almeno 30 miliardi di dollari in investimenti. Nel 2022 si vedrà cosa succederà.

A cosa serve in pratica?

Il termine Web 3.0 (o meglio Web3) è stato coniato nel 2014 da Gavin Wood, creatore della criptovaluta Ethereum. L’idea di base è che il Web 3.0 segni il ritorno del controllo della Rete in mano agli utenti grazie al sistema decentralizzato della blockchain. Al centro ci saranno i “token”, i gettoni digitali, che permetteranno alle persone di avere la proprietà assoluta di tutto quello che creano e fanno: indirizzi di posta e Web, sistemi di pagamento, pagine Web, criptovalute. Anziché utilizzare dei sistemi centralizzati, tutti i servizi diventeranno decentralizzati e saranno di proprietà esclusiva dei singoli. È il sogno di una “identità sovrana” gestita senza bisogno di organi di controllo: social senza Facebook, video senza YouTube, soldi senza l’Euro. Se le opportunità sono molte, i rischi sono ancora di più e i critici sottolineano che sarà difficile la regolazione (chi stabilirà quali contenuti sono vietati o pericolosi?) oltre ad aprire la strada a potenziali truffe e schemi piramidali.

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