Con le temperature globali che si prevede aumenteranno fino a 2,8 gradi Celsius entro la fine del secolo, la nazione insulare di Tuvalu afferma di non avere altra scelta che costruire una versione digitale di se stessa. Martedì 15 novembre, Simon Kofe, ministro degli Esteri del Paese, ha dichiarato al vertice sul clima COP27 che Tuvalu guarderà al metaverso per preservare la sua cultura e la sua storia in mezzo all’innalzamento del livello del mare.

“Mentre la nostra terra scompare, non abbiamo altra scelta che diventare la prima nazione digitale del mondo. La nostra terra, il nostro oceano, la nostra cultura sono i beni più preziosi del nostro popolo. E per tenerli al sicuro, indipendentemente da ciò che accade nel mondo fisico, li sposteremo nel cloud”, ha detto Kofe in un video che vede la telecamera zoomare lentamente per rivelare che si trova di fronte a una ricostruzione in greenscreen della sua casa.

In occasione del vertice COP26 dello scorso anno, Kofe è intervenuto in piedi, immerso nell’acqua di mare, per sottolineare la minaccia esistenziale che il cambiamento climatico rappresenta per le nazioni insulari come Tuvalu. Nel suo ultimo discorso, il metaverso viene inquadrato come una potenziale casa per tutti i Paesi se non ci sarà uno sforzo globale per affrontare il problema.

“Solo uno sforzo globale concertato può garantire che Tuvalu non si trasferisca definitivamente online e non scompaia per sempre dal piano fisico”, ha dichiarato. “Senza una coscienza globale e un impegno globale per il nostro benessere condiviso, potremmo presto trovare il resto del mondo che si unisce a noi online mentre le loro terre scompaiono”.

Tuvalu è un arcipelago composto da nove isole situato tra l’Australia e le Hawaii. Vi abitano circa 12.000 persone. Gli scienziati del clima prevedono che l’intero Paese sarà sommerso entro la fine del XXI secolo.

Per raggiungere l’obiettivo di 1,5°C proposto dall’Accordo di Parigi ed evitare risultati climatici significativamente peggiori, il mondo ha otto anni di tempo per ridurre le emissioni globali annuali di un ulteriore 45%, rispetto alle proiezioni basate sulle politiche attuali. Per limitare l’aumento delle temperature a meno di 2°C, è necessaria un’ulteriore riduzione delle emissioni del 30%.

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