Google ha accettato di pagare 9,5 milioni di dollari per risolvere la causa intentata dal procuratore generale di Washington DC Karl Racine, che aveva accusato l’azienda di “ingannare gli utenti e invadere la loro privacy” ed ha anche accettato di modificare alcune delle sue pratiche, soprattutto riguardo il modo in cui informa gli utenti sulla raccolta, l’archiviazione e l’utilizzo dei loro dati di localizzazione.

L’ufficio di Racine aveva anche accusato Google di attuare scelte volte a ingannare gli utenti, come la richiesta agli utenti di attivare il rilevamento della posizione in alcune app informandoli che alcune funzioni non avrebbero funzionato correttamente se il rilevamento della posizione non fosse stato attivato. Racine e il suo team hanno invece scoperto che i dati di localizzazione non erano necessari per l’app in questione ed hanno affermato che Google ha reso “impossibile per gli utenti rinunciare al tracciamento della loro posizione“.

Il pagamento di 9,5 milioni di dollari non è una cifra importante per Google ma le modifiche che l’azienda apporterà alle sue pratiche nell’ambito dell’accordo potrebbero avere un impatto piuttosto rilevante.

Gli utenti che attualmente hanno attivato determinate impostazioni di localizzazione dovrebbero ricevere delle notifiche che li informeranno su come disattivare ciascuna impostazione, cancellare i dati associati e limitare il tempo in cui Google può conservare tali informazioni. Gli utenti che creano un nuovo account Google saranno informati su quali impostazioni di localizzazione sono attive per impostazione predefinita e avranno la possibilità di disattivarle.

Google dovrà anche mantenere una pagina web che illustri le pratiche e le politiche relative ai dati di localizzazione che includerà i modi in cui gli utenti possono accedere alle loro impostazioni di localizzazione e i dettagli su come ciascuna impostazione influisca sulla raccolta o l’utilizzo dei dati di localizzazione da parte di Google.

Inoltre, a Google sarà impedito di condividere i dati precisi sulla posizione di una persona senza il consenso esplicito dell’utente. L’azienda dovrà eliminare i dati di localizzazione “provenienti da un dispositivo o da un indirizzo IP nelle attività web e app entro 30 giorni” dall’ottenimento delle informazioni.

Google aveva già accettato di pagare 391,5 milioni di dollari per risolvere le accuse mosse da 40 procuratori generali sempre riguardo il rilevamento della posizione ed ha accettato di pagare 85 milioni di dollari all’Arizona per risolvere una causa che la accusava di tracciare gli utenti per annunci pubblicitari mirati anche dopo che avevano disattivato le impostazioni dei dati di localizzazione. Infine si è accordata anche con lo stato dell’Indiana.

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Carolina Napolano
La tecnologia, roba da donne: ecco la blogger per promuovere il lato rosa della tecnologia.