AST SpaceMobile ha annunciato di aver effettuato la prima chiamata satellitare bidirezionale utilizzando un normale smartphone Samsung Galaxy S22.

AST SpaceMobile, specialista delle comunicazioni satellitari, con l’aiuto di AT&T, ha annunciato di aver effettuato la prima chiamata vocale bidirezionale via satellite utilizzando semplicemente un Samsung Galaxy S22.

Il Galaxy S22 è appena entrato nella storia diventando il primo smartphone convenzionale a effettuare una chiamata vocale via satellite. Questa incredibile impresa è stata realizzata grazie a una partnership tra AST SpaceMobile e AT&T, utilizzando un dispositivo standard dal Texas a un telefono in Giappone.

Precisamente la chiamata è stata effettuata utilizzando le reti di AT&T in Texas, all’operatore di telefonia mobile Ratuken in Giappone usando uno smartphone Samsung Galaxy S22 Ultra non modificato e il satellite BlueWalker 3 di AST SpaceMobile. I telefoni hanno scambiato con successo le informazioni sulla SIM e sulla rete tramite il satellite Bluewalker 3, una novità assoluta. Questo approccio innovativo permette in teoria di far funzionare qualsiasi smartphone con tecnologia 4G LTE.

Sebbene l’iPhone 14 sia stato il primo a offrire comunicazioni satellitari di emergenza, finora non si trattava di chiamate bidirezionali, e certamente non con altri interlocutori.

La partnership tra AST, AT&T e Vodafone potrebbe potenzialmente rivoluzionare la comunicazione satellitare e potrebbe essere particolarmente vantaggioso nelle zone inaccessibili per la telefonia cellulare, dove non è possibile installare torri cellulari standard. L’impresa si può definire il risultato di uno sforzo collettivo, vista la collaborazione tra ingegneri di Vodafone, Rakuten e AT&T per preparare e testare il BW3.

In futuro, tutti gli smartphone potrebbero essere in grado di effettuare chiamate, inviare e ricevere messaggi e persino ottenere la connettività Internet senza la costosa infrastruttura della torre cellulare. Questo potrebbe portare la connettività 4G/LTE e 5G anche in aree remote e in paesi in via di sviluppo. Resta ora da vedere se e quando questa tecnologia potrà essere diffusa alle masse.

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Carolina Napolano
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