In un caso innovativo e di portata globale, il famigerato hacker “PlugwalkJoe” è condannato a cinque anni di prigione per una serie di crimini informatici di alto profilo.

Nel mondo oscuro della criminalità informatica, il nome PlugwalkJoe è diventato famoso. Joseph James O’Connor, cittadino britannico conosciuto online con questo pseudonimo, è stato condannato a cinque anni di prigione in seguito alla sua estradizione dalla Spagna. O’Connor ha ammesso una serie di reati di criminalità informatica, tra cui associazione a delinquere finalizzata alla pirateria informatica, riciclaggio di denaro e cyberstalking. Le accuse derivano da due casi distinti, uno legato a un intricato schema di furto di criptovalute, l’altro a hacking di alto profilo e estorsioni online.

Nel primo caso, l’hacker O’Connor e i suoi complici hanno orchestrato un avanzato attacco con scambio di SIM per rubare criptovalute a un’importante società di criptovalute con sede a Manhattan. Utilizzando questa tecnica, hanno acquisito il controllo dei numeri di cellulare delle vittime, ottenendo l’accesso non autorizzato ai loro conti. Questa operazione ha permesso loro di sottrarre circa 794.000 dollari in criptovalute, un valore che è poi salito a oltre 1,6 milioni di dollari. I fondi rubati sono stati poi riciclati attraverso diversi trasferimenti e scambi, alcuni dei quali convertiti in Bitcoin e depositati sul conto personale di O’Connor.

Nel secondo caso, O’Connor ha giocato un ruolo importante nell’hacking di alto profilo di diversi account Twitter. Lui e i suoi complici hanno utilizzato tecniche di ingegneria sociale per ottenere l’accesso non autorizzato agli strumenti amministrativi di Twitter. Hanno poi trasferito il controllo di account selezionati a utenti non autorizzati, dando il via a uno schema fraudolento per truffare gli utenti della piattaforma.

Ma le azioni dell’hacker non si limitano al furto di criptovalute e all’hacking di Twitter. Ha anche effettuato accessi non autorizzati ad account di social media di personaggi pubblici, sulle piattaforme TikTok e Snapchat, per ottenere materiali sensibili ed estorcere soldi alle vittime.

L’attività criminale di O’Connor ha assunto una piega ancor più inquietante quando ha iniziato a perseguitare e minacciare una vittima minorenne. Ha orchestrato una serie di attacchi swatting, una pericolosa forma di molestia che comporta la realizzazione di false chiamate di emergenza alle forze dell’ordine, mettendo a rischio vite innocenti e causando panico diffuso.

La condanna di Joseph James O’Connor invia un messaggio forte: i criminali informatici devono affrontare gravi conseguenze. Le sue azioni sottolineano l’urgente necessità di misure di sicurezza informatica più solide e una maggiore consapevolezza pubblica dei pericoli posti da individui che cercano di sfruttare le piattaforme digitali per fini illeciti.

Il caso di O’Connor serve come promemoria che nel mondo sempre più interconnesso di oggi, la sicurezza informatica e la giustizia non hanno confini.

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