Le leggi europee cambiano il gioco per Apple, sfidando il modello di business dell’App Store e ponendo in discussione la sua leadership nel mercato.

Negli ultimi dodici mesi, Apple ha subito una serie di battute d’arresto in Europa. Le nuove leggi approvate nel continente costringono l’azienda a sostituire la sua esclusiva porta Lightning sull’iPhone con la più universale porta USB-C. Ma ciò che ha scosso più profondamente il gigante tecnologico è il Digital Markets Act (DMA) dell’UE, che impone ad Apple di consentire il caricamento di app in modalità sideload a partire dal 6 marzo 2024. Questo significa che gli utenti di iPhone nei 27 Paesi membri dell’UE potranno installare app da store iOS di terze parti a partire da tale data.

Il sideloading rappresenta una spina nel fianco di Apple per due motivi principali. Da un lato, permette di installare applicazioni non approvate da Apple, aumentando così il rischio di introdurre malware nei dispositivi. D’altro canto, gli sviluppatori di app offerte da store di terze parti possono indirizzare i loro clienti verso piattaforme di pagamento in-app alternative, evadendo la cosiddetta “Apple Tax”. Apple preleva una commissione che varia dal 15% al 30% sul valore della maggior parte degli acquisti e degli abbonamenti in-app.

Le aziende che non rispettano il DMA rischiano multe fino al 10% del loro fatturato globale annuo. Per Apple, ciò equivale a una sanzione di 39 miliardi di dollari, basandosi sul fatturato del 2022.

Ulteriori cattive notizie arrivano dalla class action da 1 miliardo di dollari intentata da 1.500 sviluppatori di app per le tariffe dell’App Store. Il problema risiede proprio nella “Apple Tax” del 15-30%. Apple difende le sue pratiche affermando che l’85% degli sviluppatori dell’App Store non paga alcuna “commissione” e che l’App Store aiuta gli sviluppatori europei a commercializzare le loro applicazioni in 175 paesi del mondo. Tuttavia, tali argomentazioni non sembrano aver placato il malcontento degli sviluppatori colpiti.

La class action è stata presentata da Sean Ennis, professore presso il Centre for Competition Policy dell’Università dell’East Anglia e ex economista presso l’OCSE. Ennis ha dichiarato: “Le tariffe applicate da Apple agli sviluppatori di app sono eccessive e possibili solo grazie al suo monopolio sulla distribuzione delle app su iPhone e iPad. Queste tariffe sono ingiuste di per sé e costituiscono un abuso di prezzo. Danneggiano gli sviluppatori di app e gli acquirenti di app”.

Apple viene definita monopolista perché, almeno per ora, consente l’installazione di app solo dall’App Store e impone l’uso della propria piattaforma di pagamento per la maggior parte degli acquisti in-app e degli abbonamenti. Qualsiasi sviluppatore che osi sfidare questo principio rischia l’espulsione dall’App Store.

Questo è ciò che è successo a Fortnite di Epic Games, che ha introdotto una propria piattaforma di pagamento in-app con prezzi più bassi per la valuta del gioco. Apple ha reagito espellendo Epic e Fortnite dall’App Store, scatenando una catena di cause e appelli legali. Tuttavia, in Europa, Apple non sembra essere intoccabile come negli Stati Uniti. Le sentenze favorevoli ad Apple negli Stati Uniti non sembrano aver sortito lo stesso effetto nel vecchio continente, dove il vento sembra essere cambiato.

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