Italia terra di santi, navigatori e… pirati? A una prima e superficiale lettura del rapporto EUIPO (l’agenzia europea per la tutela della proprietà intellettuale) parrebbe proprio così. E invece no.

Italians do it better!

L’italiano medio si sta redimendo, prova ne sia il fatto che nel 2017 la media degli accessi era di 2,5 volte a settimana: più del doppio rispetto a oggi. Lo stesso trend in discesa lo ritroviamo leggendo i dati Europei. Nel rapporto dell’EUIPO relativo alla “Violazione del diritto d’autore online nell’Unione Europea”, nel quale si prende in esame un arco temporale che va dal 2017 al 2020, si scopre, ad esempio, che la pirateria dei contenuti video cinematografici è diminuita del 51%, quella dei contenuti audio del 41% e quella relativa ai contenuti televisivi del 27%.

Sono stati proprio questi ultimi contenuti ad attirare la maggior parte degli accessi a siti pirata, ovvero il 70% del totale, seguiti dai film con il 20% e dai contenuti musicali con il 10%. Il motivo, probabilmente, è da ascrivere alla pandemia di Covid che ci ha colpito, costringendo milioni di italiani a rintanarsi forzatamente in casa per quasi due mesi nel 2020.

PC o smartphone?

Guardando alle modalità di fruizione si scopre che lo streaming rimane sempre abbondantemente sopra i download, i torrent e i ripper, mentre per quanto riguarda la preferenza circa la piattaforma sulla quale fruire dei contenuti le differenze tra desktop e mobile si assottigliano moltissimo. Film e musica vengono riprodotti quasi allo stesso modo su desktop e mobile, mentre per quanto riguarda i contenuti TV la piattaforma desktop si conferma leggermente preferita rispetto a quella mobile (38% vs 32%). La situazione in Europa, come dicevamo, è simile, però con grandi differenze tra i vari paesi. In Lettonia, ad esempio, ci si connette a siti pirata molto più che da noi, circa 14 volte al mese, mentre all’opposto troviamo la Polonia con soli 3,8 accessi al mese. L’Italia, in tutto questo, per una volta fa bene posizionandosi al di sotto della media europea (5,9 volte al mese), tra i paesi “virtuosi”(5,5 accessi al mese). Meglio di noi fanno soltanto Romania, Finlandia, Germania e la già menzionata Polonia.

Le ragioni di un trend in calo

Secondo gli autori dello studio, la disponibilità di un’offerta legale a prezzi accessibili e con una quantità importante di contenuti (si pensi a piattaforme come Netflix e Amazon Prime Video) ha sicuramente contribuito alla riduzione di richiesta di contenuti pirata, soprattutto nelle fasce d’età più giovani. Non è da trascurare, però, anche l’opera di prevenzione e repressione messa in atto dalle forze dell’ordine, con sempre maggiori controlli e con l’oscuramento sistematico dei siti che offrono contenuti pirata. A influenzare positivamente questo trend, però, potrebbe essere anche il livello di reddito pro capite e il grado di disparità del reddito. In pratica pare che sia stata verificata una correlazione tra un minor numero di contenuti piratati e un elevato reddito pro capite con un basso livello di disparità del reddito. Nei paesi dove si guadagna di più, quindi, si sarebbe meno propensi ad accedere a contenuti pirata.

Tutto bene, quindi?

In Italia la pirateria relativa agli eventi sportivi è in netta controtendenza. Secondo un recente report della FAPAV (Federazione per la Tutela dei Contenuti Audiovisivi e Multimediali), infatti, nel corso del 2020 il numero di persone che ha utilizzato almeno una volta una IPTV illegale è salito del 21% rispetto all’anno precedente, cosa che si traduce in una platea di utilizzatori che sfiora gli 11 milioni. Di questi, ben 2 milioni hanno dichiarato di possedere un abbonamento illegale e addirittura il 37% ritiene che le IPTV non rappresentino una forma di pirateria. Insomma,
tanto è stato fatto, ma tanto ancora c’è da fare su questo fronte.

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