Se scrivete su Facebook di poter spedire pillole per l’aborto a chi ne ha bisogno, non sorprendetevi se riceverete un avvertimento o addirittura la restrizione del vostro account. Un informatore ha raccontato a Motherboard di essere stato avvisato un minuto dopo aver postato “Spedirò pillole abortive a chiunque di voi” che il suo aggiornamento di stato era stato rimosso. Quando ha provato a postare di nuovo, è stato bannato.

Nella diapositiva successiva che spiega l’infrazione, Facebook afferma che gli utenti non possono acquistare, vendere o scambiare prodotti come tabacco, marijuana, droghe ricreative e farmaci non medici. Per fare una prova, il sito web engadget ha postato “Vendo sigarette”, “Le sigarette possono essere spedite”, “Gli antidepressivi possono essere spediti” e “Le pillole antidolorifiche possono essere spedite”. Nessuno di questi è stato segnalato. Nemmeno i post generici come “l’aborto è un’assistenza sanitaria” sono stati segnalati. Per quanto riguarda il post che è stato segnalato, è stato chiesto se volevano accettare o meno l’azione di Facebook. Dopo aver scelto di accettarla, il post è stato rimosso ma non sono stati bannati. Secondo Motherboard, il loro account è stato limitato per 24 ore dopo aver pubblicato diversi post che sono stati segnalati.

Non è chiaro quando il sito abbia iniziato a rimuovere i post sull’invio di pillole abortive e se ciò sia iniziato solo dopo che la Corte Suprema ha rovesciato la Roe v. Wade. La decisione della Corte Suprema ha reso illegali tutti i tipi di aborto in diversi Stati con leggi che ne prevedono l’attivazione, ma le persone in quegli Stati possono ancora farsi spedire le pillole abortive da gruppi internazionali. Facebook potrebbe però impedire che queste informazioni arrivino ad alcune persone che ne hanno bisogno, soprattutto perché segnala i post con “mail” e “pillole abortive” anche agli utenti internazionali. É stato provato anche fuori dal territorio degli Stati Uniti ed hanno ricevuto comunque un avviso. “Alcuni articoli non sono regolamentati ovunque”, si legge nella diapositiva che spiega la violazione, “ma poiché Facebook è senza confini, abbiamo standard globali che si applicano a tutti”.

Il New York Times ha anche recentemente riportato che la società madre di Facebook, Meta, ha detto ai dipendenti di non discutere la sentenza della Corte Suprema sul posto di lavoro. I moderatori sarebbero intervenuti e avrebbero rimosso rapidamente i post sull’aborto nella piattaforma interna Workplace. Meta ha tuttavia comunicato ai dipendenti che rimborserà loro le spese di viaggio nel caso in cui debbano accedere a servizi sanitari e riproduttivi fuori dallo Stato “nella misura consentita dalla legge”.

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