La Commissione Europea include Amazon nell’elenco delle “grandi piattaforme”, aprendo un capitolo controverso sulla definizione e regolamentazione delle Very Large Online Platforms (VLOP).

Aprile ha segnato una svolta decisiva per i colossi del digitale. La Commissione Europea ha infatti stilato un elenco di 19 “big” del settore che devono sottostare al Digital Services Act (DSA), il regolamento sui servizi digitali. Tra questi giganti, figura anche Amazon, il leviatano dell’e-commerce. La reazione di quest’ultimo non si è fatta attendere: ha prontamente presentato ricorso al tribunale europeo, contestando la sua inclusione nell’elenco.

Sebbene Amazon non metta in dubbio la sua posizione come una Very Large Online Platform (VLOP) – piattaforme online con oltre 45 milioni di utenti attivi mensili in Europa – la multinazionale sostiene di non rientrare nella definizione di VLOP come intesa dall’Europa.

“Il DSA è stato pensato per affrontare i rischi sistemici che derivano dalle aziende molto grandi che traggono la maggior parte dei loro profitti dalla pubblicità e possono influenzare le masse. Tuttavia, Amazon non corrisponde a questa definizione”, ha spiegato James Lewis, portavoce di Amazon, in un’intervista con TheVerge.

Secondo Lewis, Amazon si allinea agli obiettivi posti dalla comunità europea e si impegna a proteggere i clienti da prodotti e contenuti illegali, ma la sua inclusione nel regolamento DSA come VLOP non sarebbe appropriata.

L’elenco delle VLOP comprende altri giganti come Alibaba AliExpress, Apple, Booking.com, Facebook, Google, Instagram, LinkedIn, Pinterest, Snapchat, TikTok, Twitter, Wikipedia, YouTube, Zalando, Bing e Google Search. Questi hanno tempo fino al 25 agosto per fornire una prima valutazione dei rischi, soggetta a revisione indipendente e supervisione da parte della Commissione Europea.

Il rischio non è solo regolamentare, ma anche economico: le sanzioni possono toccare il 6% del fatturato annuo globale. Per Amazon, che ha dichiarato un fatturato di oltre 500 miliardi di dollari nell’ultimo anno, la sanzione potrebbe essere di un importo fino a 30 miliardi di dollari.

Una volta designati, le piattaforme e i motori di ricerca hanno quattro mesi per adeguarsi al DSA. Questo richiede l’adozione di misure come l’istituzione di un punto di contatto, la segnalazione di reati penali, l’implementazione di termini e condizioni facilmente comprensibili, e la trasparenza in termini di pubblicità e moderazione dei contenuti.

Inoltre, per VLOP e VLOSE (Very Large Online Search Engines), devono essere individuati, analizzati e valutati i rischi sistemici relativi a vari aspetti come i contenuti illegali, i diritti fondamentali, la sicurezza pubblica, la violenza di genere, la protezione dei minori e il benessere mentale e fisico. Le entità classificate come VLOP o VLOSE dovranno inoltre stabilire una funzione interna di conformità, sottoporsi a un controllo da parte di un revisore indipendente almeno una volta all’anno e condividere i loro dati con la Commissione e le autorità nazionali.

La battaglia di Amazon rappresenta un nuovo capitolo nella sempre più complessa relazione tra le grandi piattaforme digitali e la regolamentazione europea, alimentando un dibattito più ampio su come regolare adeguatamente le potenze digitali in un’epoca sempre più connessa.

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