La filiale logistica di Amazon in Francia è stata multata per 32 milioni di euro dal CNIL per l’uso di un sistema di sorveglianza dei dipendenti giudicato “eccessivamente intrusivo”. La decisione solleva questioni importanti sulla privacy sul lavoro e sull’uso etico dei dati.

L’ente francese per la privacy, il CNIL, ha imposto una multa di 32 milioni di euro ad Amazon France Logistique. Questa azione è stata intrapresa in risposta all’uso di un sistema di sorveglianza dei dipendenti che la CNIL ha definito “eccessivamente intrusivo”. Questo caso evidenzia la crescente preoccupazione per il rispetto della privacy dei lavoratori nell’era digitale.

Secondo il CNIL, il sistema utilizzato da Amazon misurava le pause e le interruzioni del lavoro con un grado di precisione tale da richiedere ai dipendenti di giustificare ogni pausa o interruzione. Questo approccio ha suscitato notevoli preoccupazioni riguardo alla pressione e al controllo eccessivo esercitato sui lavoratori, in particolare sui magazzinieri, che sono spesso considerati i più vulnerabili all’interno dell’azienda.

Il software di sorveglianza in questione tracciava l’inattività dei dipendenti attraverso l’uso obbligatorio di uno scanner di codici a barre, utilizzato per elaborare gli ordini. Il sistema registrava i tempi di inattività come interruzioni nelle scansioni dei codici a barre, arrivando a richiamare i dipendenti per periodi di inattività inferiori a un minuto. La CNIL ha stabilito che l’accuratezza e la natura di questo sistema sono illegali, basandosi sul Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) per giustificare la sua decisione.

Il CNIL ha qualificato il caso non tanto come un problema di lavoro, ma piuttosto come un caso di trattamento dei dati relativo a un monitoraggio eccessivo. L’ente ha dichiarato: “Così come è stato attuato, il trattamento è considerato eccessivamente intrusivo”, notando anche che Amazon utilizza questi dati per valutare le prestazioni dei dipendenti su base settimanale e li conserva per tutti i dipendenti e i lavoratori temporanei.

In risposta, Amazon ha rilasciato una dichiarazione esprimendo un forte disaccordo con le conclusioni del CNIL, sostenendo che queste sono errate, e ha menzionato la possibilità di fare appello alla decisione. L’azienda ha sottolineato che non è l’unica nel settore logistico a utilizzare un sistema di magazzini connessi di questo tipo e ha elogiato il suo sistema per la capacità di bilanciare il carico di lavoro in modo sicuro ed efficiente. Amazon ha inoltre dichiarato di voler estendere il limite di soglia del suo sistema, offrendo ai dipendenti una finestra temporale più ampia prima che scattino gli allarmi.

Mentre Amazon valuta la possibilità di ricorrere in appello, la situazione rimane in evoluzione. Questo caso arriva in un momento in cui Amazon è sotto ossevazione anche negli Stati Uniti. L’azienda è stata ritenuta responsabile di oltre la metà degli infortuni nei magazzini nel 2022 ed è stata accusata di pratiche di lavoro scorrette. La divisione logistica dell’azienda ha un tasso di rotazione dei dipendenti così elevato che le è costato circa 8 miliardi di dollari ogni anno.

Questo caso solleva questioni fondamentali sull’equilibrio tra sorveglianza e privacy dei dipendenti, e su come le aziende dovrebbero gestire il monitoraggio dei lavoratori in modo etico e legale. Con le aziende che si affidano sempre più alla tecnologia per gestire e monitorare il personale, il caso di Amazon diventa un importante precedente per il futuro della privacy sul lavoro e l’uso responsabile dei dati.

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Team CEOTECH
La tecnologia dovrebbe arricchire la vita delle persone oltre a tutelare il pianeta.