Ieri 5 luglio, dopo mesi di trattative e ostacoli procedurali, l’Unione Europea ha approvato una coppia di leggi fondamentali volte a limitare il potere delle Big Tech. La legge sui mercati digitali e la legge sui servizi digitali mirano a promuovere una concorrenza più equa, a migliorare la protezione della privacy e a vietare l’uso di alcune delle forme più gravi di pubblicità mirata e di pratiche ingannevoli.

La legge sui servizi digitali, ad esempio, si concentra sulle piattaforme online come Facebook, Amazon e Google. Il loro compito sarà quello di essere più proattivi sia per quanto riguarda la moderazione dei contenuti sia per prevenire la vendita di beni illegali o non sicuri sulle loro piattaforme. Gli utenti potranno anche sapere come e perché un algoritmo ha consigliato loro un determinato contenuto e potranno contestare qualsiasi decisione di moderazione presa in modo algoritmico. Infine, le aziende non potranno più utilizzare dati personali sensibili per l’ad-targeting, vendere annunci pubblicitari ai bambini o utilizzare dark pattern, ovvero pagine dal design ingannevole che possono indurre l’utente a dire sì a qualcosa anche quando preferirebbe dire no, come ad esempio iscriversi a un servizio o impedire di abbandonarne uno che non si desidera più utilizzare come Amazon Prime.

Questi obblighi si basano su una scala progressiva, per cui le piattaforme più grandi avranno gli obblighi maggiori. Le piattaforme con 45 milioni o più di utenti mensili saranno soggette a verifiche indipendenti per garantire che impediscano la diffusione di fake news e contenuti illegali. Queste piattaforme dovranno inoltre aprire i loro algoritmi e i loro dati a ricercatori (autorizzati) per consentire loro di studiare gli effetti e i potenziali danni che i sistemi possono causare.

La legge sui mercati digitali, invece, si concentra maggiormente sull’impedire ai detentori di piattaforme dominanti, come Google, Microsoft e Apple, di abusare della loro scala. Ciò include l’offerta di una migliore interoperabilità con i servizi più piccoli e rivali, garantendo la possibilità di inviare file tra i sistemi. Vi è anche un’ampia esclusione per i negozi di app, con gli sviluppatori che ora hanno il diritto di contattare i loro clienti per le offerte senza passare attraverso il titolare della piattaforma in questione. Inoltre, i titolari delle piattaforme non potranno più riservare ai propri sistemi un trattamento di favore, come nel caso in cui Google abbia promosso il proprio servizio di shopping rispetto a quello dei concorrenti.

L’Unione Europea ha dato a entrambe le proposte di legge un ampio margine di manovra e può comminare una sanzione massima pari al 10% del fatturato mondiale totale dell’anno precedente, nel caso in cui le autorità di regolamentazione riscontrino un’inosservanza. Questa cifra, tuttavia, salirà al 20% del fatturato mondiale se i funzionari riscontreranno una “ripetuta non conformità”. Si tratta di una cifra abbastanza consistente che nemmeno Apple sarebbe in grado di sopportare di perdere regolarmente. Tuttavia, come nel caso del regolamento GDPR, l’UE deve ancora rispondere alle domande su quanto impegno, tempo e denaro sia disposta a dedicare a un organismo di monitoraggio delle grandi tecnologie.

Ora che sono stati approvati, il Digital Services Act entrerà in vigore entro il 1° gennaio 2024 (a meno che non ci siano ritardi procedurali), mentre il Digital Markets Act entrerà in vigore poco dopo, e le principali piattaforme – soprannominate “Gatekeepers” – avranno altri sei mesi per mettersi in regola prima che le nuove regole vengano applicate.

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